Editoriale
di Carlo Muratori
Le parole alitano, nella bocca di qualcuno, come allegre bolle di sapone nelle quali si rispecchia una minima porzione di realtà; brillano e svolazzano nell’aria per il tempo di un respiro, poi si liquefanno come neve al sole, lasciandosi dietro un finto odore di bucato. Talvolta sono pietre, le parole; si incastrano le une alle altre come nei vecchi muri a secco delle chiuse ragusane. Si sorreggono vicendevolmente dentro impalcature semplici ma efficaci, che durano secoli, immutabili, se non fosse per le variopinte lanugini di muschi e licheni; disegnando solide geometrie che rapiscono lo sguardo nella contemplazione. E come per le pietre anche le parole conoscono varie possibilità di incastro, suggerendo diversi esiti semantici. Piegarsi, accostata alla pietra/parola resistere ne suggerisce almeno due: mi piego perché non so, NON POSSO PIÙ resistere; oppure piegarsi per MEGLIO resistere. Per un verso i due lemmi si respingono, quasi; si elidono a vicenda, non consentono una convivenza: o mi piego o resisto…
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