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TAULA MATRI. IL VINO DEL SUDEST SICILIA

La bibliografia sulla storia dell’enologia siciliana continua ad arricchirsi di un nuovo importante contributo. Luigi Lombardo, avvalendosi di fonti archivistiche inedite e forte delle sue competenze di etno-antropologo, nelle pagine che seguono, offre uno spaccato originale della viticoltura e dei vini dell’area sud-orientale dell’Isola, lungo un percorso cronologico plurisecolare. Un itinerario a ostacoli, tra luci e ombre, ma ricco di sorprese, che ancora una volta mostra quanto sia stata diffusa e largamente praticata la coltura della vite in Sicilia fin dall’antichità e quanto sia stato straordinariamente diversificato il suo patrimonio varietale. 
Si va così consolidando il terreno dell’analisi e degli studi documentati su uno dei capitoli più interessanti della storia dell’economia e, in particolare, dell’agro-industria siciliana per troppo tempo rimasta ai margini o ‒ peggio ‒ sopraffatta dalla soverchiante pubblicistica patinata eno-gastronomica degli ultimi decenni, che prolifera sull’onda dei meritati successi della produzione enologica nostrale in campo internazionale. 
L’autore accompagna il lettore nella scoperta ‒ e riscoperta ‒ di contrade, vitigni e nomenclature di uve note o più o meno dimenticate, personaggi e luoghi di lavoro, preesistenze architettoniche dedicate alle attività di vinificazione e, in generale, della cultura materiale formatasi nel contesto produttivo di quei territori. Una meticolosa ricerca documentaria grazie alla quale rileva le testimonianze di metà Quattrocento, relative alla coltivazione razionale dei vigneti in Val di Noto e nel Siracusano, nei quali avrebbe dominato il moscato, il moscatello e il nero calaurisi (poi denominato nero d’Avola). 
I nomi dei vitigni che ricorrono fanno parte di un vasto repertorio ampelografico antichissimo, parte del quale ormai inesistente (cinnerico, sarachiniscu misto, capriato, etc.) e l’autore, districandosi tra i sinonimi, formula anche una sua ipotesi sulle origini del cerasuolo di Vittoria la cui denominazione individua nei documenti del tardo Cinquecento.  
Molte varietà non superarono la prova del mercato che, a partire dall’Ottocento, richiedeva uve generose e dall’elevato potenziale alcolico per assecondare la domanda continentale ed estera. E non sopravvissero neppure alla selezione post fillosserica, che avrebbe portato a privilegiare solo i vitigni che meglio riuscivano a convivere con il piede americano da innestare. E quandanche i parassiti non fossero stati impietosi nel devastare i vigneti, le richieste del ceto degli industriali del vino ‒ nuove figure emergenti nello scenario economico-produttivo siciliano, dagli inglesi Woodhouse in poi ‒ assunsero progressivamente un peso determinante nel selezionare le uve e nell’imporre condizioni colturali ai vignaioli. 
Questo libro contribuisce a far riflettere su come la viticoltura ‒ non soltanto quella siracusana ‒ sia diventata uno dei pilastri dell’agricoltura dell’Isola e su quanto sia stata capillare la sua diffusione anche tra i piccolissimi proprietari ‒ la “democraticità” del vigneto di cui ci parla Henri Bresc già per il medioevo ‒ che potevano consentirsi solo il “lusso” dell’autoconsumo; e come nel “culto” e nell’apprezzamento della vite e del vino si sia strutturata una sapienza e una cultura materiale che hanno creato le basi patrimoniali ereditarie del successo contemporaneo.  (Rosario Lentini)

 

Autore: Luigi Lombardo

Editore: Le Fate

Pagine: 320

Formato: A4

Anno: 2023

ISBN-13: 979-12-80646-24-8

TAULA MATRI. IL VINO DEL SUDEST SICILIA

€30,00Prezzo

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